MEMORIE DI UN CASTELLO

GUIDA: Quando pellegrini e viaggiatori di ogni tempo giungevano nella Città Eterna la prima cosa che vedevano spuntare dal verde dei prati era il Castello, imponente mole posta a difesa della Tomba di Pietro e dell’importante passaggio che congiungeva la Roma popolare con quella Sacra: il Ponte Elio, che noi comunemente conosciamo come ponte S. Angelo. Castello e Ponte: l’uno non è concepibile senza l’altro ed entrambi sono stati testimoni involontari e simboli stessi del passare del tempo e delle epoche. (salendo) Tomba, castello, fortezza, carcere? È difficile definirlo ... E’ stato chiamato Mole Adrianea, Turris Teodorici, Torre dei Crescenzi, Castello degli Orsini e soprattutto Castrum Sancti Angeli. L’immaginazione popolare lo ha vissuto con intensità, come tutti i luoghi dalla grande potenza evocativa. Sorge in un luogo sacro, l’Ager Vaticanus, e il nome sembra da riferire a “vaticinium”: forse un luogo di responsi oracolari. (in alto) Forse è per questo che Adriano lo scelse per erigere la sua tomba. Volle far costruire un monumento che conservasse le sue ceneri ma che al tempo stesso tramandasse la sua visione dell’universo e i suoi ideali. Fa costruire un basamento quadrato, vi fa inscrivere un cilindro, ovvero un cerchio, e sul cerchio pone una base quadrata con una tòlos, un cilindro, un cerchio. Cerchio e quadrato: queste figure simboleggiano l’Uno e il Molteplice, la Divinità e il creato, lo spirito e la materia, l’anima e il corpo, che per Adriano dialogano tra loro in un meraviglioso equilibrio armonico. Famosi i suoi versi “animula, vagula, blandula, hospes comesque corporis” “piccola anima, ospite e compagna del corpo”. (ponte) Adriano non riconoscerebbe più la sua tomba, per quanto è stata trasformata nei secoli e nell’uso… Fino dal tempo dell’invasione dei Goti divenne una fortezza. Furono eretti possenti bastioni sulla base quadrata, e all’interno tra il quadrato e il cilindro, si creò un fossato. La fortezza e passò nelle mani delle più potenti famiglie romane, come i Crescenzi o gli Orsini, e il possesso (entrando) del castello fu una delle condizioni fondamentali dettate dal papa per il suo ritorno da Avignone a Roma, il 20 settembre 1367. E sempre un 20 settembre, ma del 1870, 500 anni più tardi, Castel S. Angelo torna ad essere il simbolo della Roma laica e del novello stato italiano, con la Repubblica Romana. (su botola) Per trasformare la tomba di Adriano in una fortezza imprendibile, ne fu sconvolta l’architettura circolare. Anche le volute della rampa elicoidale che portavano alla sala delle urne furono tagliate diametralmente. E fortezza imprendibile, lo diventò davvero. Immaginiamo un ipotetico esercito di assaltatori che volessero prendere, per via di terra –e solo così era possibile in passato- Castel S.Angelo. Il primo ostacolo: il recinto quadrangolare imponente: quasi 90 m. di lato per 12 m. di altezza. Poniamo che l’avessero superato, avrebbero subito incontrato tra il quadrato e il cerchio,  il fossato. Noi l’abbiamo superato per mezzo di un ponte, e all’epoca ci sarebbe stato un ponte levatoio, ovviamente alzato in occasione della minaccia nemica. Ma supponiamo che gli assaltatori fossero riusciti ad arrivare fin qui: si sarebbero trovati sulla cosiddetta “cordonata” fortificata. Dietro quella porta, dove probabilmente un tempo riposavano le ceneri di Adriano, ci sarebbe stata invece la guarnigione di difesa del castello e dalle aperture ai lati avrebbe riversato ferro e fuoco sugli assaltatori. E supponiamo che qualcuno di loro fosse rimasto miracolosamente invulnerato: sarebbe comunque precipitato in un pauroso strapiombo situato circa a metà della cordonata. Qui.  Dove sarebbero andati a finire i malcapitati?... Da quella parte, andiamo a vedere...  

 

EFFETTO GRIDA

 

No. Forse è meglio continuare da questa parte.  E comunque ho idea che le voci e la presenza di coloro che nel bene e nel male qui hanno dimorato ci terranno compagnia... Forse ci tracceranno addirittura il sentiero...

 

EFFETTO MUSICA SIPARIO DI LUCE

 

(compare Adriano, il gruppo lo segue salendo)

 

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SCENA CAGLIOSTRO

(prima parte: rampa diametrale)

 

LORENZA       Sì, sì, voglio confessare tutto. Voglio salvare la mia anima, ché lui me l’ha dannata.

 

CARDINALE   Siete proprio decisa, non ho tempo da perdere con donne come voi

 

LORENZA      Si, voglio confessare tutto. M’ha rovinato, quel porco!

 

CARDINALE   Ditemi tutto.

 

LORENZA    Sì. Volete sapere chi è veramente il conte Cagliostro? Nessuno può saperlo meglio di me. Non si chiama Cagliostro e non è certo un conte. Il suo vero nome è Giuseppe Balsamo. E’ nato da una famiglia miserabile, a Palermo, altro che conte… E’ nato ladro : l’hanno cacciato di casa perché rubava. E poi ha continuato : truffatore, falsario. Lui me l’ha raccontate queste cose, se ne vantava… Si faceva passare per nobile, per filosofo, per grand’uomo, ti guardava con quegli occhi… ti prometteva il mondo intero… Per questo l’ho sposato. Mi ha ingannata.

 

CAGLIOSTRO   Cagna! Cagna!  Lurida puttana! Mi hai tradito… Io ti ho sempre amato… Ho fatto di te una contessa, una donna ricca, rispettata,  invidiata da tutti. Ho diviso ogni mio avere, ogni mia sapienza, ogni mia gloria con te. Puttana. Io non sono di nessuna epoca ne’ di nessun luogo, sono al di fuori del tempo e dello spazio,  IO DIVENTO COLUI CHE DESIDERO.

 

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SCENA CAGLIOSTRO

(seconda parte: cortile dell'angelo)

CAGLIOSTRO   Tutti gli uomini sono miei fratelli. Io sono libero

 

LORENZA      Aveva in odio i re e il Papa. L’ho sentito con le mie orecchie bestemmiare il Signore. Complottava con i suoi fratelli massoni per distruggere l’ordine di Dio. Li ho sentiti : congiuravano contro la società per sete di ricchezza e di potere. Lui quello voleva, il potere. Dovevate vedere quante donne si prostravano ai suoi piedi. Lui prometteva e loro… .

 

CAGLIOSTRO           Sono nato dallo spirito. Il mio nome  quello che scelsi per apparire in mezzo a voi, ecco, quello reclamo. IO SONO CAGLIOSTRO. Sono nato in Oriente prima del diluvio universale, ho conosciuto Mosè e Salomone, sono stato discepolo dei faraoni, sono stato allievo di Socrate, ho cenato con Gesù Cristo alle nozze di Cana e ho tentato inutilmente di strapparlo dalle mani degli apostoli, un branco di straccioni piantagrane. Ho resuscitato i morti e guarito i malati più gravi, ho restituito l’udito ai sordi, la vista ai ciechi, la parola ai muti, la giovinezza ai vecchi. Dicono di me che io sia un uomo straordinario, un profeta, un messia.

 

LORENZA      Nelle cerimonie usavano prostitute! E poi c’erano formule magiche, serpenti, divinità dell’Egitto… Lui si faceva chiamare il Gran Cofto, credeva di essere Dio in persona, insultava i segni della vera fede. Detestava con tutte le sue forze il re e la regina di Francia. L’ho sentito io stessa profetizzare la caduta della Bastiglia in mano al popolo e la caduta del re.

 

CAGLIOSTRO           Si, io comando agli spiriti

 

CARDINALE   Eresia!

 

CAGLIOSTRO   Sono stato sopraffatto dai miei nemici. Abbiate pietà di me.

 

CARDINALE Qual è il vostro nome?

 

CAGLIOSTRO   Conte Alessandro di Cagliostro.

 

CARDINALE   Ci risulta che voi abbiate nome Giuseppe Balsamo…

 

CAGLIOSTRO  Nego di essere Balsamo

 

CARDINALE     … e che siate nato a Palermo nell’anno di grazia 1743.

 

CAGLIOSTRO  Nego di essere Balsamo.

 

CARDINALE   Il vostro nome non cambierà nulla della vostra sorte. Siete accusato di aver compiuto commerci satanici

 

CAGLIOSTRO       Non è vero….

 

CARDINALE      …. e delitti contro la religione.

 

CAGLIOSTRO    Non è vero… Sono cattolico romano.

 

CARDINALE   Siete inoltre accusato di aver pronunciato orribili bestemmie, di aver compiuto orge massoniche utilizzando prostitute e sangue per brindare

 

CAGLIOSTRO           Questo è un complotto

 

LORENZA      Diceva di essere un mago,  pretendeva di conoscere il segreto che trasforma il metallo in oro. Trafficava con i suoi filtri, intrugli del diavolo… Tutti chiedevano il suo aiuto, lo scongiuravano in ginocchio. Anche i signori, anche i principi. L’ho visto io coi miei occhi. Soprattutto le donne lo pregavano. Giovani, vecchie… Sapete che ha fatto? Mi ha costretto a giacere con altri uomini. Ufficiali, conti, mercanti, persino cardinali… Diceva che l’adulterio non è peccato in una donna che vi si presti per interesse e non per amore verso un altro uomo. Sono Tue parole. E non solo mi ha venduta per i suoi schifosi interessi, mi ha anche trascinato in bordelli pubblici. Mi ha anche attaccato la sifilide, sono sicura che è stato lui. Questo mi ha fatto.  Porco! Spero che tu muoia!

 

CARDINALE   Siete accusato di aver obbligato numerose donne nubili nonché sposate a cedere alle vostre voglie e di avere più volte toccato la vostra fantesca. Siete inoltre accusato di turpi esperimenti di bassa alchimia, tra cui l’assurda pretesa di aver scoperto la cosiddetta pietra filosofale, di aver pronunciato profezie false e pericolose e di essere un empirico, ovvero un volgare ciarlatano che pretende di curare i malati, profittando della loro fiducia. Avete qualcosa da dire in vostra difesa?

 

CAGLIOSTRO  Ho sempre amato i miei simili. Ho studiato ed esercitato la medicina. Ho compiuto innumerevoli guarigioni, di cui posso fornire prove e testimonianze.  La mia condotta è stata pura. Non ho mai offeso nessuno, né con la parola, né con gli scritti, né con le azioni. Il bene che ho fatto, l’ho fatto in silenzio. Non pretendo di essere glorificato. Ho fatto il bene, perché ho sentito il dovere di farlo. Empirico! Se empirico è un uomo che possiede nozioni di medicina e visita gli ammalati senza farsi pagare, ebbene io sono empirico. Basso Alchimista! Alchimista è esatto, ma la qualifica di ‘basso’ si adatta a coloro che supplicano e strisciano, non a me. Tutti sanno che il Conte di Cagliostro non ha mai chiesto favori a nessuno. Sognatore della pietra filosofale… sì, forse sognatore…

 

CARDINALE  I vostri sogni, come voi li chiamate, vi hanno condotto a profetizzare la distruzione della monarchia in Francia e la fine del Pontificato.

 

CAGLIOSTRO  No… Non ho mai detto questo.

 

CARDINALE  Non solo siete un volgare ciarlatano, ma avete cospirato con la massoneria a scopi sovversivi. Sappiamo del vostro rito egiziano: diteci del suo scopo

 

CAGLIOSTRO  La conoscenza di Dio, la fratellanza umana, la felicità eterna.

 

CARDINALE  I vostri seguaci portavano alle riunioni prostitute e le onoravano come vestali! Voi, in veste di Gran Cofto, avete pronunciato omelie in stato di ebbrezza! Voi avete fatto scempio della religione cattolica! Voi siete un pericoloso dogmatizzante! Avete fondato la vostra massoneria egiziana, l’avete propagandata e diffusa per distruggere la vera fede. Voi dovreste essere per sempre estirpato dal mondo!

 

CAGLIOSTRO  Pietà… Sono schiacciato dal dolore e dal pentimento e sono pronto, per riparare le offese a fare qualunque atto che riterrete necessario. In Europa ho una grandissima quantità, oltre un milione di discepoli gente di lettere e di merito che solo io potrei allontanare dal sistema da me creato. Io vi abbandono il mio corpo, perché mi puniscano dei miei crimini, mi basterà salvare l’anima.  Mi raccomando a Vostra Signoria, che mi ha permesso di riconoscere l’errore nel quale ero incorso e la miserabile vita vissuta per tanti anni nel buio. Vorrei rimediare al male arrecato a tante persone e particolarmente a mia moglie, che vive nell’errore per colpa mia, perché il suo esercizio nella massoneria egiziana proveniva dalle mie istruzioni e suggestioni.

 

CARDINALE    Bene, questa è la vostra confessione. L’imputato è un incredulo, un ateista, una bestia, tenuto da molti in concetto di impostore, bestiale e furioso. Giuseppe Balsamo, imputato e reo di un gran numero di delitti, incorso nelle pene previste contro gli eretici formali, i sostenitori di dogmi, gli eresiarchi, i maestri e i discepoli della magia superstiziosa, cade sotto le censure e pene stabilite dalle leggi apostoliche contro tali crimini. Tuttavia, per grazia speciale, la pena che consegna il colpevole alla morte è commutata in carcere perpetuo, da scontare in fortezza, senza speranza di grazia.

 

CAGLIOSTRO  Vedo il deserto sterminato, le palme gigantesche proiettare le loro ombre sulla sabbia, il Nilo scorrere placido, le sfingi, gli obelischi, le colonne alzarsi maestose. Vedo le mura meravigliose, i templi folti, le slanciate piramidi, i labirinti…  

 

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GUIDA: (davanti angelo)Con Cagliostro siamo nel ‘700- alle soglie della Rivoluzione Francese, dopo la scoperta di nuovi mondi, dopo la rivoluzione copernicana, ben dopo il processo a Galileo. Eppure la Chiesa ancora considera un insulto il termine di “empirico” riunendo con una sola parola la bassa alchimia ma anche  i primi tentativi di ricerca scientifica. Per lunghi secoli la chiesa ha guardato con diffidenza e sospetto coloro che mostravano troppa dimestichezza con la materia e pensavano di modificarla.  Ed ha a lungo rifiutato la memoria del mondo antico, in quanto pagano. Questo atteggiamento per cui tutto deve rimanere fisso e immutabile, dalle idee religiose, ai ruoli sociali, alle strutture economiche, trova le sue radici nel periodo che è passato alla storia come “l’età oscura”, “i secoli bui”: il Medioevo. E proprio a Castel Sant’Agelo, dietro quella grata, verso la fine del IX secolo, si celebrò quello strano processo che contribuì non poco a  gettare una luce tórbida e grottesca su quel periodo. Il processo in questione è contro papa Formoso, colpevole di aver nominato due imperatori contemporaneamente, forse per paura. La cosa strana non è che si processi un papa, quanto il fatto è che il papa Formoso seduto al banco degli imputati e vestito di tutti i suoi paramenti al momento del processo è già bello che defunto. Un povero diacono siede accanto al cadavere appositamente riesumato per “dar voce al morto”. E con un’esemplare condanna al defunto pontefice vengono amputate tre dita della mano destra e il corpo gettato nel Tevere. Questo è la rigidità del Medioevo: la legge è legge immutabile, e dev’essere applicata. Poco importa che l’imputato sia vivo o morto. E tuttavia un altro pensiero, più vicino all’idea dell’imperatore Adriano, un pensiero che vede materia e spirito in armonia e in divenire, deve necessariamente essere sopravvissuto, deve aver continuato a respirare portando fino a noi la memoria del mondo antico: non ci spiegheremmo altrimenti i secoli successivi e i nostri stessi giorni. Il mondo occidentale ha superato il Medio Evo, lo ha lasciato dietro quella grata, nella sala in cui avvenne il processo contro Papa Formoso, per andare incontro al Rinascimento, quel periodo luminoso in cui spirito e materia tornano ad essere in armonia e l’ anima e il corpo  tornano ad essere l’una pe l’altro, non più l’una contro l’altro.  Nel Rinascimento si ricomincia a guardare il mondo antico con curiosità, se ne studia e imita l’arte, il corpo umano torna ad essere soggetto di pittura e scultura. (salendo sugli spalti) E a Firenze la famiglia dei Medici fa tradurre Platone e Pitagora. Si affermano uomini dall’ingegno molteplice, personaggi eclettici, come  Marsilio Ficino, Paracelso, Pico della Mirandola. E’ l’Umanesimo, il tempo del nuovo amore per l’Uomo, per la Natura e per l’Antico che prorompe nell’Arte. Ed ecco Raffaello, ecco Michelangelo…PASSA CELLINI... Ecco Raffaello, ecco Michelangelo, ed ecco le figure di nudi che possono stare nella cappella Sistina senza destare scandalo. 

 

 

 

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I SCENA BENVENUTO CELLINI

 

CELLINI         Fate passare! Permesso, permesso! Signori! Scusatemi se poc’anzi vi ho cagionato un certo spavento! Mi presento: mi chiamo Cellini Benvenuto, orafo e gioielliere. Son carcerato qua, ma ora me ne fuggo. Non son mica un fesso, io me ne vo’ da qui. Prima però voglio raccontarvi com’è andata che mi misero qui nel castello. La prima volta fu colpa di quel traditore del mio lavorante perugino, un cornuto, che profittò dell’avarizia di Papa Paolo da Farnese, ma ancor più del suo bastardo figlio, il Pierluigi. Il mio lavorante fece intendere che sapeva tutte le mie faccende e che io avevo ottantamila ducati, la maggior parte in gioie, le qual gioie erano della Chiesa e che io le avevo rubate nel tempo del sacco di Roma, qui nel Castel Sant’Agniolo. Arrivò la sbirreria e mi disse: “Tu se’ prigioniero del Papa e ti abbiamo a menare in Castel Sant’Agniolo”. Questa fu la prima volta che mai io gustai prigione. In capo a otto giorni mi mandarono a esaminare e tra gli esaminatori c’era quel becco del governatore di Roma. Cominciò a cicalare: “Noi sappiamo certissimo che tu eri a Roma in tempo del Sacco e in questo tempo tu ti trovasti in questo Castel Sant’Agniolo e perché l’arte tua è orefice e gioielliere, Papa Clemente ti chiamò e ti fece sciogliere tutte le gioie sue e tu ne serbarti per te di nascosto per il valore di ottantamila scudi. Questo ce l’ha detto un tuo lavorante con il quale tu ti se’ confidato e vantatone.” Quando io sentii queste parole, io non mi possetti tenere di muovere a grandissime risa. Poi dissi: “Sappiate, signori, che sono in circa venti anni che io abito Roma e mai né qui né altrove fui carcerato.” A queste parole quel birro del Governatore disse: “Tu ci hai pure ammazzati degli uomini.” E io: “Voi lo dite, e non io. Ma se putacaso venisse uno per ammazzar voi, voi vi difendereste e lo ammazzereste. E io non dovrei difendersi da un tanto scellerato assassinamento?” Tu, garzone! sei d’accordo con codesta considerazione? Quanto alle gioie… è una storia lunga. Sappiate che la mia difesa fu pari al mio ingegno, che è portentoso. Eppure, cosa incredibilissima, mi lasciarono in prigionia nel Castello. Quando io viddi che non v’era altro rimedio, io dissi a li presenti: “serratemi bene e guardatemi bene, perché io mi fuggirò a ogni modo.” Così mi menorno e chiusonmi con maravigliosa diligenza. Allora io comincia a pensare il modo che io avevo a tenere per fuggirmi. Lavorando di ingegno e di maestria delle mane, presi delle mie lenzuola e ne feci istrisce, l’accomandai a un pezzo di tegola antica, murata i nel mastio e voltatomi a Dio dissi: “Signore Idio, aiuta la mia ragione, perché io l’ho, come Tu sai, e perché io mi aiuto.” Lasciatomi andare pian piano, sostenutomi per forza di braccia, arrivai presso a terra: per la quale, avendo aperto le mane per saltare, oppure eran le mani istracche, non potendo resister a quella fatica, io caddi e in questo cadere mio percossi la memoria e stetti isvenuto per più di un’ora e mezzo. Di poi mi ritornorno le forze e mi avvidi che io ero fuora del castello. Volendomi rizzare di terra, mi trovai tronca la mia gamba. Né anche questo mi sbigottì: carpone andai cinquecento passi dentro in Roma dove certi cani mastini mi si gittorno addosso e malamente mi morsono. Io tirai con il mio pugnale, li punsi gagliardamente e carpone me ne andai libero. Voi vi dimanderete perché son qui un’altra volta. La conterò breve  

 

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GUIDA: Benvenuto Cellini era a Roma in quel fatidico maggio del 1527, l’anno del Sacco, e combattè proprio dagli spalti di Castel S.Angelo. Con due compagni uccise a colpi d’archibugio il Conestabile di Borbone che assediava Borgo, dopo aver messo a ferro e fuoco il rione di Trastevere. Fu un evento funestissimo, il Sacco di Roma, che spaccò letteralmente in due il corso della storia.

(davanti alla Paolina)

C’erano già nel nord Europa quei primi fermenti di “protesta” contro la Chiesa di Roma, giudicata lussuosa, sfarzosa e poco spirituale. L’imperatore Carlo V aveva seguito una rotta ora in favore del Papa, ora in favore di Lutero, a seconda delle convenienze politiche. E in quel 1527 volle, con un gesto clamoroso - la presa di Roma- umiliare la corrotta e mondana Corte papale di Clemente VII Medici e dare alla città e all’Italia tutta una lezione di esemplare durezza. Non gli fu difficile dato il clima riunire i Lanzichenecchi e bande di mercenari e farli scendere in Italia. Calarono per tutta la penisola e giunsero quasi indisturbati  fino a Roma.

Pioveva quel 6 maggio del 1527. La nebbia del mattino rese impotente l’artiglieria del Castello. La città fu presa completamente alla sprovvista, nessuno poteva credere che avrebbero osato tanto.I nemici arrivarono alle porte di S. Pietro. Il papa pregava nella sua cappella,  come si trovò a dire Cellini “ non possendo credere che coloro entrassino”. Ma siccome “coloro entravano” il Papa non potè far altro che avvolgersi nel manto violetto di un vescovo e fuggire attraverso il provvidenziale “passetto” fino a Castel S.Angelo. Con lui, quasi tremila persone si rifugiarono qui: vescovi, cardinali, prelati, ambasciatori, ... la Corte Papale al gran completo. E da qui assistettero impotenti all’inferno che si scatenava fuori. I Lanzichenecchi e i mercenari assetati di bottino saccheggiarono, incendiarono, depredarono, stuprarono, ammazzarono. Raffaello da Montelupo, lo scultore dell’angelo nel cortile che abbiamo appena attraversato, ebbe a dire:  “Eravamo là e guardavamo tutto ciò come se assistessimo ad una festa”.
Passò anche il Sacco di Roma. E ci fu un pontefice che ebbe il compito, che svolse peraltro molto bene, di far dimenticare questa triste pagina alla città. Il pontefice fu Paolo III Farnese. E questa è la sua sala delle udienze. (Entrare Sala Paolina)

 

EFFETTO MUSICA: dal "Gloria" di A. Vivaldi “et in terra pax hominibus”

 

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GUIDA: (nella sala Paolina) Alessandro Farnese, papa Paolo III, fu un uomo dalla personalità vivace e contraddittoria e il suo pontificato, estremamente significativo, rispecchiò  in pieno la complessità del carattere e l’eclettismo del personaggio. Questa sala ne è testimonianza evidente. Ai quattro angoli del soffitto sono collocati degli stemmi: due mostrano il giglio bianco dei Farnese; gli altri due, l’emblema di Paolo III. Il tondo raffigura un camaleonte e un delfino che si fronteggiano. In mezzo, il motto: Festìna Lente: “Affrettati Lentamente”. Già queste due parole denunciano un contrasto palese. E piena di apparenti contrasti era la sua personalità: umanista più che spirituale, politico intrigante più che Pastore della Fede. Lutero lo definiva con disprezzo un epicureo per la sua sfrenata mondanità. E’ vero, amava organizzare balli in maschera con buffoni e cantanti e feste licenziose, eppure al tempo stesso fu il promotore della Riforma della Chiesa e diede inizio al Concilio di Trento. Ossessionato dall’astrologia, arrivò a nominare vescovo il suo astrologo prediletto, ma allo stesso tempo approvò la nascita dell’Ordine religioso più rigoroso e purista di tutti, quello dei Gesuiti.(passa Diana) …questo è Paolo III: trasformista come il camaleonte, intelligente come il delfino. Qui intorno tutto è immerso in una paradossale mancanza di logica: finte colonne, finti sostegni, figure enigmatiche sulle finte porte... E poi, episodi della vita di Alessandro Magno e di quella di San Paolo. Alessandro Farnese che diviene Paolo III si propone come Alessandro Magno la conquista del mondo conosciuto, come San Paolo, la sua conversione al cristianesimo.

E infine, i due simboli del Castello: l’imperatore Adriano, il costruttore pagano, e il cristianissimo Arcangelo Michele. Proprio sotto al dipinto dell’arcangelo che ripone la spada sedeva Paolo III quando dava udienza e offriva così ai visitatori un’immagine che esprimeva pace e riconciliazione. Era evidente che gli orrori del Sacco erano superati, si apriva finalmente una nuova epoca.  

 

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  SCENA CARAFA I (Sala Paolina)

 

MARCELLO  Sono l’uomo più felice di questa terra! Ti sono infinitamente grato. Troverò il modo di ripagarti dell’immenso favore che mi hai reso Sono così felice! Non voglio intorno a me altro che felicità…Mi fa rabbia pensare che una donna della sua bellezza abbia un marito che le preferisce altre donne

 

DIANA           La duchessa mi ripagherà.

 

MARCELLO  Cosa intendi?

 

DIANA           Sono sicura che Don Carlo, suo cognato, possa favorire il mio matrimonio con l’uomo che il destino mi ha fatto incontrare. Solo questo mi importa.

 

MARCELLO  Ti auguro sinceramente che il tuo sogno si esaudisca, così come è stato esaudito il mio. Tutti i sogni andrebbero esauditi…

 

DIANA           Mia Signora!

 

MARCELLO  Mia Signora!

 

VIOLANTE    Sono così confusa e… non so se piangere o ridere. Tra pochi mesi darò alla luce un figlio, il figlio del mio sposo, del mio signore eppure…

 

DIANA           Eppure?

 

VIOLANTE    Eppure i miei sogni sono stati rapiti da un altro uomo.

 

DIANA           Da tempo mi sono accorta di come vi guardava, il cavaliere Capece

 

VIOLANTE    Non so cosa fare…e se si venisse a sapere?

 

DIANA           Seguite il vostro cuore e non abbiate paura. Io veglierò su d voi.

 

VIOLANTE    Amica mia…

 

DIANA           Ho solo una richiesta da farvi.

 

VIOLANTE    Dimmi, farei qualunque cosa per te.

 

DIANA           Ora che anche voi conoscete le pene dell’amore, io vi prego di chiedere a vostro cognato, il Cardinale Carlo Carafa, di mettere una parola buona per me. Il Cardinale è uomo assai potente e potrebbe…

 

VIOLANTE    Vorresti che lui usasse la sua influenza per farti sposare il tuo gentiluomo, capisco bene?

 

DIANA           Sì, mia signora. Se il Cardinale potesse …

 

VIOLANTE    Non dire altro. Ti prometto EFFETTO MUSICA dall'ouverture de "La Forza del Destino" di G. Verdi (sottofondo delicatissimo) che farò quanto in mio potere perché tu ti unisca in giuste nozze all’uomo che tanto ami.

 

DIANA           Vi ringrazio infinitamente mia signora.

 

VIOLANTE    Sai una cosa? Per la prima volta da tanto tempo sono felice.

 

Alzare la musica

 

GUIDA: Eh, già, a Paolo III Farnese succederà Paolo IV Carafa, uomo rigidissimo ed austero, già anziano quando viene eletto. Come è d’uso, demanda ai suoi parenti più stretti l’esercizio del potere temporale, e in particolare ai suoi nipoti. Suo nipote Carlo, cardinale, è primo ministro e dispone delle volontà di suo zio. Giovanni, duca di Palliano diviene comandante dell’esercito pontificio. Don Giovanni è marito infedelissimo della bella duchessa Violante, che, mentre attende un figlio da lui, fa scoccare la scintilla dell’amore nel cuore del cavaliere Marcello Capece e commette l’imprudenza di confidarsi con la sua dama di compagnia, Diana Brancaccio, donna dai sentimenti esaltati, dedita a tessere quegli intrighi che coloravano di passione accesa le corti italiane del sedicesimo secolo. Né più né meno come i soffitti e le pareti decorate coloravano la vita nei saloni rinascimentali. L’amore per il bello era ormai arrivato al culmine, e se ne vedevano i segni dappertutto. Lo studio dell’arte antica era cominciato in certi casi in modo avventuroso. Fino dal 1480 parecchi artisti avevano avuto modo di calarsi in certe curiose “grotte” di cui erano visibili i soffitti affrescati in uno stile che oggi definiremmo “pompeiano”. Quelle “grotte” non erano altro che i soffitti della Domus Aurea, in gran parte interrata. Avevano osservato e imitato le pitture delle “grotte” e le avevano chiamate “grottesche”. E con le grottesche Paolo III aveva fatto decorare il corridoio e la Sala della Biblioteca. La residenza del Papa era tornata ad essere una dimora principesca. (cenno al pubblico di muoversi)

 

EFFETTO MUSICA dall'ouverture de "La Forza del Destino" di G. Verdi

 

Ma dopo Paolo III Farnese, con Paolo IV Carafa, su questa gioia decorativa cominciò a proiettarsi l’ombra cupa della Controriforma. E la storia non raccontò più di festini,  banchetti, spettacoli e balli, di fosche trame familiari e di feroci lotte per  il potere. Di una vicenda così furono protagonisti i nipoti di Paolo IV, i fratelli Carafa.

 

 

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SCENA CARAFA II (Sala della Biblioteca)

 

GIOVANNI (ALESSIO) :      Carlo, ho ricevuto il tuo messaggio. Sono arrivato prima che mi fosse possibile (abbraccio) . Cosa volevi dirmi? (si allontana)

 

CARLO (MASSIMO L.) : Mi sono giunte notizie di nostro zio, il papa.

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Allora? Cosa dice?

 

CARLO(MASSIMO L.)         E’ ancora in collera con noi, ma pare si stia lentamente… ammorbidendo.

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Nostro zio è vecchio, Carlo, non c’è molto tempo. Il nostro peggior nemico, il re di Spagna, aspetta solo l’occasione per vendicarsi dei Carafa.

 

CARLO (MASSIMO L.)        L’importante ora è evitare qualunque comportamento sconveniente. Nessuna macchia deve adombrare il nostro nome A nostro zio devono arrivare solamente notizie del nostro umile pentimento e della nostra rettitudine.

 

GIOVANNI(ALESSIO)         Spero che tu abbia ragione.

 

CARLO (MASSIMO L.)        Tutto si sistemerà, stanne certo. A proposito, tua moglie mi ha chiesto di favorire il matrimonio tra la sua dama prediletta, Diana Brancaccio, e un gentiluomo al seguito del Marchese di Montebello.

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Non ne sapevo nulla…

 

CARLO (MASSIMO L.)        Strano. Questa Diana deve avere un temperamento alquanto focoso. Voleva quel gentiluomo ad ogni costo. Ma io non ho né il tempo, né la voglia di occuparmi di simili sciocchezze. E poi mi dicono che questo gentiluomo, a cui lei ha già stupidamente ceduto, sia fuggito con un’altra donna. Si sarà spaventato dell’ardore di quell’indemoniata e avrà pensato bene di sparire. Pare che lei sia impazzita e non faccia che meditare vendetta. Mi diverte questa storia…

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Non capisco perché Violante non me ne abbia parlato di persona.

 

CARLO (MASSIMO L.)        Che vuoi … storie di donne… (entra Diana)

 

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Diana! Cosa fai qui? E’ successo qualcosa  a mia moglie?

 

DIANA           Mi hanno detto che vi avrei trovato dal Cardinale vostro fratello.

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Ma che succede? Parla!

 

DIANA           Vostra moglie vi tradisce.

 

CARLO (MASSIMO L.)        Cosa?

 

DIANA           Ora, in questo momento, è tra le braccia di un altro uomo.

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Che dici? Sei impazzita! No, non ti credo!

 

CARLO (MASSIMO L.)        Chi è lui?

 

DIANA           Il Cavaliere Marcello Capece

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Non credo ad una sola parola di quello che dice questa pazza. Cos’è, invidia? O una qualche delusione ti ha resa folle?

 

DIANA           (attaccati) Venite con me, vedrete coi vostri occhi.

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Mi rifiuto di seguirti in queste farneticazioni. Vattene!

 

DIANA           (staccati) E' così vi dico. (lo afferra per i capelli, abbassare Alessio) Aveva promesso di aiutarmi e non l'ha fatto. Io ho perso tutto e perderà tutto anche lei. Venite a vedere. Giacciono uno fra le braccia dell’altro, lui le recita versi d’amore, lei lo accarezza dolcemente, li ho visti e li ho sentiti.

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Maledetta bugiarda! (Attaccati. Urlo Daniela. Pugnalata)

 

CARLO (MASSIMO L.)        Andiamo.

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Cosa? Sei impazzito anche tu?

 

CARLO (MASSIMO L.)        Ho detto andiamo.

 

EFFETTO MUSICA dall'ouverture de "La Forza del Destino" di G. Verdi

 

spostamento nel Cortile della catapulta

 

 

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SCENA CARAFA III (Cortile della Catapulta)

 

MARCELLO Da molto tempo vi amo più della mia stessa vita. Se, con troppa impudenza ho osato guardare da innamorato le vostre divine bellezze, non dovete farne una colpa a me, bensì alla forza sovrannaturale che mi spinge e mi agita. Sono alla tortura, ardo d’amore… Non chiedo sollievo per la fiamma che mi consuma, ma solo che la vostra generosità abbia pietà di me.

 

VIOLANTE    Mio amore…

 

MARCELLO  Piccolo sole…perché non vieni via con me?

 

VIOLANTE    Non posso.

 

MARCELLO  Perché?

 

VIOLANTE    Aspetto un figlio suo.

 

MARCELLO  E con questo? Lui non ti merita, ti ha tradito, non sa quanto vali, non…

 

VIOLANTE    Lui mi ama.

 

MARCELLO  E quello lo chiami amore?

 

VIOLANTE    Ognuno ama nel suo modo.

 

MARCELLO  Ma tu lo ami? (Claudia si alza) Vedi, non lo ami? Vieni via con me, andremo lontano dove nessuno può raggiungerci. Potremmo andare in Spagna, il re ci darebbe sicuramente asilo. Lui odia i Carafa, saremmo al sicuro e io mi occuperei di te e di tuo figlio.

 

VIOLANTE    E’ anche suo figlio.

 

MARCELLO  Non importa! Io voglio te. Tu non sai, non puoi immaginare quello che io…

 

VIOLANTE    Giovanni…

 

MARCELLO  Duca, vi scongiuro, lasciatemi spiegare.

 

GIOVANNI (ALESSIO)   Non c’è niente da spiegare.

 

CARLO (MASSIMO L.)        Aspetta. Firma questo. Servirà da giustificazione per nostro zio.

 

VIOLANTE    Non firmare niente, è la tua condanna.

 

MARCELLO  Firmerò tutto quello che volete, ma vi prego, non fateci morire.

 

URLO;

EFFETTO MUSICA dall'ouverture de "La Forza del Destino" di G. Verdi

 

CARLO (MASSIMO L.)        Ora lei.

 

VIOLANTE    Ti prego… aspetta almeno che nasca il bambino… (Strangolamento)

 

SERVITORE   (MASSIMO T.)          Don Carlo, don Giovanni!

 

CARLO (MASSIMO L.)        Di’ quello che devi dire e fa’ presto.

 

SERVITORE (MASSIMO T.)            Papa Paolo IV, vostro zio, è morto improvvisamente. E non è tutto! Il conclave ha nominato Papa Giovan Angelo de’ Medici, appoggiato dalla Spagna e buon amico del re Filippo.

 

CARLO  (MASSIMO L.)       E’ la fine.

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Sì, è la fine.

 

CARLO (MASSIMO L.)        Si vendicheranno. Gli ci vorrà un pretesto.

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Eccolo il pretesto.

 

CARLO (MASSIMO L.)        E’ assurdo! Nessuno è mai stato processato o condannato per un delitto d’onore!

 

GIOVANNI (ALESSIO)        Sai meglio di me quanto spesso le regole trovano le loro eccezioni…

 

CARLO (MASSIMO L.)        Ho ancora amici influenti, ostili al re di Spagna. Io resto al mio posto, ma potrei procurarti un rifugio sicuro…

 

GIOVANNI (ALESSIO)        No.

 

CARLO (MASSIMO L.)        Bene, allora…che vengano pure a prenderci. Aspetteremo.

 

ALZARE MUSICA

 

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GUIDA: Chi di corda ferisce, di corda perisce... E il cardinale Carlo Carafa finirà i suoi giorni nelle segrete del castello, strangolato per sentenza con una corda, è vero di seta, ma pur sempre di corda si trattò. Paolo IV Carafa non resta nella storia per le azioni dei nipoti, ma per le sue. Il suo nome rimane tristemente legato alle manifestazioni più evidenti dell’intolleranza cattolica. Paolo IV viene ricordato per il Santo Uffizio, il tribunale della Santa Romana ed Universale Inquisizione, per il Concilio di Trento, ricordato come il Concilio della Controriforma,  e per l’ordine dei Gesuiti. Non era stato lui a fondare o promuovere queste istituzioni, era stato Paolo III Farnese. Ma con ben altro spirito. Il Concilio di Trento viene promosso da Paolo III proprio per “conciliare” il dissenso che si stava manifestando nel nord dell' Europa, per  far rimarginare la ferita che si stava aprendo tra quei cristiani e la chiesa di Roma. Ma Paolo IV Carafa, ancora cardinale, lavora al suo interno mosso da puro fanatismo religioso. Paolo III sospende il Concilio nel 1549. Quando lo riapre Pio IV dal 1562 al 1563, ormai i lavori sono giunti ad un punto tale che si assiste allo Scisma religioso d’Occidente. La chiesa che protesta diviene la Chiesa protestante, con le numerose confessioni ancora oggi esistenti. Paolo IV aveva operato anche all’interno dell’Inquisizione, era stato attivo nel compilare l’“Index librorum Prohibitorum”. L’Indice dei libri proibiti, e quando diviene papa fa torturare e gettare in carcere i baroni e i cardinali che lo hanno aiutato a stilare l’indice, perché dubita della sincerità della loro fede. E’ ancora Paolo IV Carafa a chiudere in un ghetto coloro che professano la fede giudaica, ed è lui a dare al Santo Uffizio, il tribunale dell’Inquisizione, il famigerato diritto del “rigoroso esame”, ovvero il diritto di tortura… Quando muore a Roma si scatena un vero e proprio fenomeno di isteria collettiva: la sua statua in Campidoglio viene distrutta e la testa marmorea staccata e fatta rotolare fino al Tevere, l’edificio dell’Inquisizione è dato alle fiamme…ed il cadavere dello stesso pontefice deve essere sepolto in gran segreto per sottrarre il corpo alla furia della folla inferocita.

Questo cortile è stato teatro dei più diversi spettacoli. Intanto, è stato teatro: sì, agli inizi del 500, durante gli splendidi fasti della Corte Medicea di Clemente VII qui si faceva spettacolo. Ora viene anche chiamato “Cortile della Catapulta”. Ma non è una catapulta: è una balista, o balestra gigante. Ed è una ricostruzione dei primi del ‘900. Le palle, ricostruite dal Borghetti, generale dell’Esercito Italiano, alla fine dell’800, secondo i pesi indicati nelle iscrizioni lungo le mura, non potevano essere lanciate con quest’arma; con la balestra si lanciavano dardi metallici muniti di punteruolo adatto a forare le armature. Non ha una buona mira, in genere si teneva all’ingresso dei castelli per impedire la fuga dei prigionieri. Già, i prigionieri. Castel Sant’Angelo è stato prigione, quasi in ogni sua parte. E teatro di esecuzioni, con molte cappelle destinate al conforto dei condannati, dato che la pena di morte è andata avanti fin sotto Pio IX, fino al 1870. E dunque, Cortile del Teatro, Cortile della Catapulta, ma anche Cortile delle Prigioni. E quelle finestre, che paiono di graziosi miniappartamenti, protette dalle opportune sbarre, erano celle. Celle di “prima classe”, riservate al soggiorno forzato di personaggi illustri. Invece i prigionieri senza titoli nobiliari finivano là sotto, nelle cosiddette “prigioni storiche”, anguste, umide e buie. Ci venivano rinchiusi e talvolta dimenticati. In quella vicino alla fontana fu rinchiuso Benvenuto Cellini.

 

EFFETTO MUSICA DISCESA

 

(nella loggia di Paolo III: Incontro Cellini. II SCENA CELLINI)

 

 

 

EFFETTO MUSICA DISCESA

 

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GUIDA: (Cortile dell’angelo) Ah, già... Gli angeli. A Castel S.Angelo non si possono dimenticare gli angeli...  Furono 6 le statue che si contesero il “posto d’onore”. Il primo angelo era in legno, e s’incendiò. Il secondo,  di marmo, cadde in mille pezzi, il terzo, di marmo con le ali di bronzo, “spiccò il volo” quando un fulmine colpì la camera sottostante, adibita a polveriera. Il quarto, completamente di bronzo, venne fuso per farne delle armi contro i Lanzichenecchi di Carlo V. E il quinto, quello scolpito da Raffaello da Montelupo, eccolo qui, costretto a vedere Roma appena sopra le mura del cortile e a cedere il passo al sesto angelo, quello che ora sta al posto d’onore. Questo angelo era già lì quando arrivarono a Roma i francesi di Napoleone Bonaparte. E i francesi pensarono bene di dipingerlo di blu, bianco e rosso, poi gli misero in testa un berretto frigio e lo proclamarono “il Genio della Francia liberatrice di Roma”.  Altre cose fecero qui i francesi. Tra l’altro provvidero a portarsi via certe “cosucce” artistiche che oggi fanno bella mostra di sé nei musei d’oltralpe. Insomma, rubavano. Tanto che su Pasquino apparve la famosa “pasquinata” che terminava pressappoco così: “No, non è vero che tutti i francesi so’ ladri. No. Tutti, no. Bona parte...” Ah. Non abbiamo ancora detto perché si chiama Castel S. Angelo... ne parliamo una volta scese le scale.

 

SOTTOFONDO MUSICA DISCESA (dalla R.R.D.)

 

 

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GUIDA: (dopo la prima rampa) La leggenda narra un episodio avvenuto nel 590. Era da poco stato eletto papa Gregorio Magno, un papa eletto non solo dal conclave, ma quasi a furor di popolo, poiché lo si riteneva uomo in odore di santità. E in effetti divenne San Gregorio Magno. Da poco eletto il papa, scoppiò a Roma una pestilenza che mieteva vittime tra la popolazione. Il papa fece intensificare le veglie di preghiera e le processioni. E tornava appunto un giorno in processione, quando, circa a metà del ponte Elio, al papa e al popolo che lo seguiva apparve, sulla torre del castello, luminosissimo, l’arcangelo Michele nell’atto di asciugare la spada insanguinata e di riporla nel fodero. Segno, questo, che l’ira divina era cessata e  che la pestilenza stava per finire. Da quel giorno il ponte Elio prese il nome di ponte Sant’Angelo, e la tomba di Adriano prese il nome che portò per da allora per sempre e che porta splendidamente ancora oggi, Castel Sant’Angelo. (scendere)

Sembra che stiano conducendo una giovane prigioniera. Chi ritiene di potersi sedere potrà accomodarsi sui gradini...

 

 

 

Attendere che il pubblico scenda poi sfumare la musica  

 

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SCENA BEATRICE CENCI

 

GIUDICE:   Beatrice Cenci…

 

BEATRICE:  Chi siete?

 

GIUDICE:   Il tuo giudice. Papa Clemente mi ha mandato a interrogarti.

 

BEATRICE:  Nessun giudice potrà restituirmi l’anima.

 

GIUDICE:  Non è questo il mio compito. Io sono qui per vicende ben più terrene. Solo questo mi interessa, la tua anima non mi riguarda.

 

BEATRICE:   Qualunque cosa accada ormai non ha più importanza. Tutto è perduto.

 

GIUDICE:   Meglio così, perché quello che sto per dirti non sarà piacevole per te, ma tu non meriti di meglio.

 

BEATRICE:  Non capisco di cosa parlate.

 

GIUDICE:  Tua madre e i tuoi fratelli hanno confessato. Non hai niente da dire? I tuoi fratelli sono stati messi sotto tortura e presto lo sarai anche tu. Subirai i tormenti della corda, verrai sospesa per i capelli: sappi che è una sofferenza atroce. Tua madre mi ha personalmente chiesto di dirti di parlare. Queste sono state le sue parole: “Quando il peccato è commesso, è tempo di pensare alla penitenza e non di lasciarsi straziare il corpo per ostinazione. Il tuo complice amante è fuggito. Non ti ha nemmeno portata con sé. Poteva salvarti e non l’ha fatto. Ormai sei sola. C’è ancora un’unica possibilità: che al tuo fratello minore venga concessa la grazia.

 

BEATRICE:  Lui non c’entra.

 

GIUDICE: Ha solo quindici anni, no? Parla e vedrò quel che posso fare. Parla!

 

BEATRICE: La mia unica colpa è di essere nata! Io non ho scelto la mia nascita! Io sono come morta e la mia anima, che si accanisce a vivere, non riesce a liberarsi. Mio padre-mi ha-profanata. Qui, sotto i nostri piedi, si raccolgono le forze di un mondo pronto a spazzare via ogni cosa. Un mondo di cose orribili, di accoppiamenti mostruosi, di strane confusioni che…  Quando ero bambina, ogni notte facevo lo stesso sogno. Sono nuda in una stanza immensa e una bestia respira, respira, non smette di respirare. Mi accorgo che il mio corpo splende. Vorrei fuggire, ma devo nascondere il mio corpo nudo. Si apre allora una porta. E all’improvviso, scopro di non essere sola. No! Insieme con la bestia che mi respira a fianco, sembra che altre cose respirino; e d’un tratto vedo brulicare ai miei piedi un ammasso di cose immonde. E anch’esse sono affamate. Comincio a correre senza fermarmi per cercare di ritrovare la luce. La bestia, che incalza, mi insegue di grotta in grotta, me la sento addosso, ha fame, tanta fame...   Quando io mi rifiutavo, lui mi riempiva di colpi. Mi diceva che quando un padre conosce… carnalmente la propria figlia, i bambini che nascono sono dei santi, e che tutti i santi più grandi sono nati in questo modo, cioè che il loro nonno è stato loro padre. Ma io a questo non credo. A volte mi conduceva nel letto di mia madre, perché lei vedesse alla luce della lampada quello che mi faceva. Non potevo più vivere così. Mi confidai con Monsignor Guerra, che mi amava di vero amore…

 

GIUDICE:  E’ fuggito da Roma vestito da carbonaio. E’ questo il vero amore?

 

BEATRICE:  Parlai con mio fratello maggiore, perché era mio dovere metterlo a conoscenza. Mio padre odiava tutti i suoi figli…

 

GIUDICE:  Baste con queste chiacchiere! Parlami di quella notte!

 

BEATRICE:  Io e mia madre demmo a mio padre dell’oppio, per addormentarlo. Poi arrivarono due uomini che noi avevamo pagato per…

 

GIUDICE:  Sappiamo chi sono, vai avanti.

 

BEATRICE:   Li conducemmo nella stanza di mio padre che dormiva e li lasciammo. Ma loro poco dopo uscirono, non avevano il coraggio, erano presi da pietà… dissero che era una azione bassa e ignobile. Così dissero. (in un crescendo di rabbia e fierezza) “Voi non avete il coraggio! Ed è per arrivare a questo punto che osate prendere del denaro! E bene! Poiché la vostra vigliaccheria lo richiede, lo farò io stessa!” Allora rientrarono nella stanza e questa volta io e mia madre li seguimmo. Uno di loro aveva un grosso chiodo che pose in verticale sull’occhio di mio padre; l’altro con un martello gli fece entrare il chiodo nella testa. Poi, nello stesso modo, gli piantarono un altro chiodo nella gola. Il corpo di mio padre tremava tutto. “Questo è per la tua fame!” Quanto sangue usciva…Strano che un corpo mostruoso possa tenere tutto quel sangue…Quando i due assassini se ne furono andati, io e mia madre tirammo fuori il chiodo dalla testa e il chiodo dalla gola, avvolgemmo il corpo in un lenzuolo e lo gettammo in un giardino. Tutto è consumato. Io non rimpiango nulla. Ho fatto ciò che dovevo fare.

 

GIUDICE:  Hai commesso un delitto orribile.

 

BEATRICE:  Ho scelto la giustizia da me stessa.

 

GIUDICE:   Che Dio abbia pietà di te. Domani tu, tua madre e tuo fratello verrete condotti a morte. Quanto al fratello minore, vedremo di procurargli la grazia.

 

BEATRICE:  Com’è possibile, ah, Dio! che così giovane io debba morire!

 

GIUDICE:   Potevi pensarci quando eri ancora in tempo. Ora preparati alla morte.

 

BEATRICE: Urla interminabili mi inseguiranno. Non voglio morire…Chi mi potrà garantire che laggiù non ritroverò mio padre!

 

 

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GUIDA: Era l’11 settembre 1599, esattamente 400 anni fa. C’erano stati alcuni delitti nell’ambito di certe nobili famiglie . Con Beatrice Cenci si volle punire quella che il papa temeva diventasse una pericolosa consuetudine. Appena ventiduenne, fu decapitata sopra ponte Sant’Angelo. I frati cappuccini pietosamente e di nascosto ne raccolsero il copro e lo portarono in San Pietro in Montorio, dove i popolani di Roma la vegliarono e dove fu sepolta. (ingresso rampa) Oltre questa soglia c’è una parte del castello che è rimasta pressoché identica a come l’aveva voluta l’imperatore Adriano. E’ la rampa elicoidale, per la quale i cortei funebri salivano per raggiungere le camere sepolcrali situate nella torre, al di là della porta. Fu scoperta relativamente tardi e non fu modificata. E’ molto semplice e spoglia, serviva in fondo solo a far passare i cortei. Resta qualche traccia del semplice mosaico a tessere bianche che ne pavimentava il fondo.  

 

EFFETTO MUSICA RAMPA ELICOIDALE

 

 

(Discesa per la rampa elicoidale)  

 

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GUIDA: (atrio) Eccoci all’uscita. Che però un tempo era l’entrata. Qui si formavano i cortei che poi salivano per la rampa. Ecco una ricostruzione della tomba di Adriano così come l’imperatore l’aveva voluta, in sezione: mancano i bastioni e sono visibili le camere sepolcrali nella torre. In quella teca, lo stesso, vista dall’esterno, con la vegetazione e il gruppo bronzeo dell’imperatore alla guida del carro del sole, come solevano farsi rappresentare gli imperatori. Nella nicchia c’era la statua di Adriano. Ma qui vediamo anche altre tracce del passaggio dei secoli. Quell’apertura, protetta dalla grata, era per l’ascensore, e risale al 1700. Permetteva al pontefice di raggiungere comodamente gli appartamenti ai piani superiori, e difatti porta direttamente nella sala dell’Apollo. E qui sarebbero finiti gli ipotetici assaltatori precipitati nello strapiombo a metà della cordonata. Ma ci sarebbero arrivati da quella botola lassù, facendo un volo di dodici metri, non proprio un volo d’angelo... Noi ci siamo arrivati per la rampa elicoidale, mi auguro in un modo... più morbido e confortevole...  

 

 

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SCENA CELLINI III

 

CELLINI                                                                                                                                       

Un momento Signori! Voi vi dimanderete perché sono qui un'altra volta. Rifugiatomi nel palazzo del Duca di Farnese, quivi incontrai il Cardinal Cornaro che pria mi fé curare e di poi andò dal Papa a chiedere la grazia per me e un vescovado per un suo gentiluomo. Il Papa stava gonfiato e ingrognato, non parlava nulla e alla fine disse: “Io voglio Benvenuto e Voi il vescovado, e ognun abbia quel che vuole.” Voi non crederete, e io istesso fò fatica a crederci, ma quel tristo del Cardinale e quel becco del Duca mi vendorno. Or dico: salvatemi!  Oh me infelicissimo. Morirò, sì, morirò in questo tristo mastio. E il mondo intero, ma che dico il mondo, l'universo con tutti li pianeti sarà orbo di un maraviglioso artista! Ma io me ne fuggirò di qui, becchi che non siete altro! Torturatemi, appendetemi alla corda, cavatemi le ugne, mozzatemi le mane, serratemi a doppia mandata: me ne fuggirò ad ogni modo!

 

EFFETTO MUSICA "ADRIANO"

Attacco forte

 

Beatissimo Padre, Maravigliosa e Sublimissima Eccellenza…

 

EFFETTO MUSICA per i RINGRAZIAMENTI

 

FINE

 

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